Ricorre oggi un anniversario molto importante per la nostra scuola: un centosessantesimo! 19.01.1864: Giulia Colbert, fondatrice delle Suore del Buon Pastore della Pia Casa Provvidenza, è accolta in Cielo dal Gesù che ha riconosciuto nel volto dei numerosi fratelli e sorelle che ha amato e servito con instancabile dedizione.

Grazie Giulia per l’esempio di una vita spesa per cambiare le lacrime della disperazione nel sorriso dolce della speranza”.

 

La vita di Giulia Colbert

La Venerabile Serva di Dio Giulia Colbert nacque il 26 giugno 1786 nel castello di Maulévrier, in Vandea (Francia), figlia del Conte Éduard Colbert e della Contessa Anne-Marie-Louise Quengo de Crénolle. Mentre il Conte Colbert si trovava in Germania come Ministro plenipotenziario del Re presso l’Elettore di Colonia, la Rivoluzione Francese provocò l’uccisione di alcuni congiunti, nonché la perdita dei beni di famiglia e solo con l’avvento di Napoleone i Colbert poterono rientrare in Patria.

Il 18 agosto 1806, a Parigi, sposò il Marchese Venerabile Servo di Dio Carlo Tancredi Falletti di Barolo, con il benestare dello stesso Napoleone, che perseguiva l’unione delle varie regioni alla Francia attraverso la politica matrimoniale. Nel 1814, crollato l’impero napoleonico, i coniugi si trasferirono a Torino.

Uniti da profonda fede e dall’attenzione caritatevole verso i poveri, per poterli aiutare quotidianamente, fornendo loro cibo e vestiario, misero a disposizione parte del loro palazzo, adibendolo a luogo di accoglienza. Anche una riserva di legna era a loro riservata negli inverni più rigidi. Gli ammalati erano curati personalmente dalla Marchesa e ogni lunedì della settimana lei stessa serviva a tavola dodici persone tra le più bisognose. Alle sue opere di carità univa anche l’istruzione catechistica nelle case, costituendo un gruppo di “Signore della Carità”.

Il 14 aprile 1814, durante una visita alle carceri della città, rimase impressionata dallo stato in cui si trovavano i detenuti. Da quel giorno si dedicò ai carcerati, specialmente alle donne, per alleviarne le sofferenze fisiche, migliorarne le condizioni di vita e soprattutto offrire un’educazione morale e religiosa. Desiderava superare la dimensione punitiva della pena, valorizzando la funzione rieducativa del carcere. Per questo attuò progetti per la riabilitazione e il reinserimento delle detenute nella società, istituì mezzi di prevenzione per le giovani in situazione di rischio familiare e sociale. Inoltre, agì sollecitando il Governo piemontese a riforme carcerarie, confrontandosi con esperti di fama internazionale. Fu nominata Sovrintendente delle Forzate, un carcere femminile costituito secondo i suoi programmi poi accettati dal Governo piemontese.

Insieme al marito, aprì un asilo infantile, per i figli degli operai che rimanevano soli a casa durante il lavoro dei genitori.

Il successo del Rifugio fu tale che alcune ragazze manifestarono il desiderio di consacrarsi al Signore per impetrare la misericordia divina sul mondo, con la penitenza e la preghiera. Pertanto, la Serva di Dio, nel 1833, fondò l’Istituto delle Sorelle Penitenti di S. Maria Maddalena (oggi Figlie di Gesù Buon Pastore) e, l’anno successivo, il marito diede inizio alla Congregazione delle Suore di Sant’Anna, destinata a sostituire le maestre laiche nell’asilo.

Nel 1838, rimasta vedova e senza figli, la Serva di Dio decise di proseguire le opere di carità materiale e spirituale, iniziate con il marito e dedicò totalmente a tale scopo la sua vita ed i suoi beni.

La Marchesa soffrì moltissimo per la morte improvvisa del marito. Ma interpretò la morte di lui in una povera e squallida locanda lungo la strada come un appello di Dio a radicalizzare ulteriormente la sua dedizione ai poveri. Impressionante è il numero delle sue opere educative e caritative, gestite da famiglie religiose a cui ha dato origine. Tutto questo compiuto con gioia e nel nome di Gesù Cristo. “Senza di Lui è impossibile consolare chi è afflitto”, disse a un economista toscano che le aveva presentato un suo volume di studi e proposte per migliorare le carceri, proposte interessanti ma dettate da sole motivazioni filantropiche.

Dal 1839 al 1847 diede inizio a vari progetti: fece venire a Torino le Suore Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento; fondò l’Ospedale di S. Filomena per bambine disabili; affidò alle Suore di S. Anna una casa di accoglienza per trenta orfane chiamate “Giuliette”; nel palazzo Barolo costituì tre comunità operaie, gruppi di una dozzina di ragazze dai quattordici ai diciotto anni che per sei anni si dedicavano ad imparare un mestiere presso botteghe ed artigiani. Ogni comunità era guidata da una donna laica. Il primo cappellano dell’Ospedale fu San Giovanni Bosco, il quale ebbe la possibilità di utilizzare due stanze per il suo incipiente Oratorio.

Infine, contribuì alla costruzione della chiesa parrocchiale di Santa Giulia in una zona di Torino particolarmente degradata, dotandola di una somma annuale per un convitto di sacerdoti dedicati alla cura degli infermi, all’assistenza dei parroci malati, alle confessioni e all’attività dell’Oratorio.

La salute malferma, si aggravò alla fine del 1863. Dopo tre giorni di agonia, trascorsi in preghiera, avendo ricevuto i conforti dei Sacramenti, morì il 19 gennaio 1864 a Torino.